GIACOMO INFANTINO


Sass de luna
Giacomo Infantino

Curated by Giacomo Infantino
Artist's book - Ed. 1/3
Ita
16,5x23,5cm
226 pp.
bn/color
2021


Acknowledgments
Thanks to all the people who contributed to the creation of the book, in particular: Amedeo Martegani, Cosmo Laera, Cristina De Paola, Emanuele De Donno, Francesca Ruberto, Lorenzo Ronchi, Matteo Masciocchi, Roberto Caielli.

Furthermore we thank the Verbano Cusio Ossola Archive for the kind concession of numerous images and Viaindustriae for the support and help granted.


«In un’epoca lontana, forse anche oggi, i massi erratici con il loro rotolare nelle pieghe del tempo si ergevano a templi e luoghi di culto a cui l’essere umano tributava la propria devozione. Riti propiziatori, sacrifici e doni erano operazioni innescate dall’uomo. Tali atti avevano uno scopo, altri erano solo di buon auspicio.
Si racconta di massi che caddero dal cielo, di sassi che comparvero per magia e di altri ancora che emersero da qualche straordinaria stregoneria. Ricordo che si dice ancora che sotto al Sass de la luna ci sia sepolto uno stregone con il suo orso. Mentre sul Sass de la Preja Büia si dice che la sua forma sia riconducibile a diversi animali. C’è chi sostiene che sia un ariete addormentato e che durante il solstizio d’estate, il suo occhio, inizi a scintillare sulla verde pietra serpentina.

Ci sono massi che furono la tana di famigerate serpi nere magiche pronte a sbarrare il passaggio a chi osasse avvicinarsi. Ci sono altre pietre invece che, con il loro scintillare tra la memoria e la perpetua presenza su questa terra, hanno dato nomi a paesi e città. In qualche documento dimenticato nel tempo si narra di massi erratici che furono artefici di guerre tra piccoli paesi o ancora, di alcuni massi provenienti dalla luna che si ergono come muro di confine dividendo i territori in battaglia per gli stessi.

Che cos'è oggi per noi la pietra? Il suo retaggio ci affascina, ma non lo comprendiamo fino in fondo. D’altronde cosa sappiamo in realtà? Eravamo veramente lì quando i Celti incidevano petroglifi nella Val Camonica? Cosa simboleggiano le note coppelle reperibili su i molti massi incisi nel territorio dell'Italia Settentrionale? Certamente abbiamo una risposta per tutto. Ovviamente oggi sappiamo fare analisi, ricerche, prelievi, ipotesi e abbiamo molte informazioni, ma la realtà, se lo sussurriamo a bassa voce dentro di noi, è che non sappiamo nulla della storia. Che cos'è la storia?

Ciò che forse sappiamo realmente oggi è che il passato di questi massi, da quelli erratici a quelli trovanti, ai massi incisi o coppellati ai più banali e umili sassi non degni di qualche nota leggenda o trascorso glorioso, è che ci conducono ad una dimensione ancestrale dentro ognuno di noi attraverso la fascinazione del mito».

Giacomo Infantino
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